La storia del Pistacchio di Bronte

Conoscere il Pistacchio di Bronte D.O.P.

Cenni botanici

La pianta del pistacchio di Bronte la Pistacea Vera, è un albero che potrebbe raggiungere un'altezza di oltre 10 metri, anche se gli agricoltori, tramite la potatura, non permettono all'albero di raggiungere queste altezze, per meglio favorire la raccolta, che in genere avviene ogni due anni.

La pianta del pistacchio ha una durata di circa 300 anni, è molto resistente ai climi caldi e secchi, quella autoctona di Bronte, che cresce da Bronte sino a Ragalna, nelle pendici dell'Etna, in provincia di Catania, può a volte ricrescere anche dopo essere stata abbattuta dalla lava del vulcano.

L'albero del pistacchio ha una fluorescenza sessuata, c'è l'albero maschio e l'albero femmina, anche se nei stesti di botanica si specifica che un albero maschio può fecondare sino a dieci alberi femmina, di fatto gli agricoltori impiantano un albero maschio ogni cinquecento alberi femmina.

Vista la sua straordinaria qualità organolettica, in gene il pistacchio di Bronte ha un prezzo di mercato di circa il doppio del pistacchio estero, ma nonostante l'alto valore la sua coltivazione fatta da circa mille agricoltori non riesce a dare il sostentamento completo alle famiglie, ma costituisce una accessorio al reddito familiare.

Dall'albero alla tavola

La raccolta del Pistacchio di Bronte avviene a partire dalla prima settimana di settembre ogni due anni, dopo le prime piogge, e se queste non ci sono a fine agosto, l'agricoltore è costretto ad irrigare la pianta alcuni giorni prima della raccolta, con le difficoltà del caso, visto che molte piante si trovano in terreni sciarosi e scoscesi, che non aiutano ne la raccolta ne l'irrigazione.

Appena raccolto il pistacchio deve essere primato della pelle che ricopre il guscio, il malleolo, ed asciugato al sole per almeno tre/quattro giorni, pena infezione parassitaria.

Dopo l'asciugatura si procede alla prima commercializzazione della così detta Tignosella, l'agricoltore la vende al trasformatore che non i suoi macchinari moderni provvede a sgusciarla.

Anticamente il pistacchio veniva sgusciato nelle famiglie, manualmente, su di una pietra lavica ad occhio di pernice, che con i suoi fori permetteva l'allocazione della tignosella, che percorsa nella punta da un martello lasciava integro il frutto.

Nel dopoguerra, un generale dell'esercito associò questo martellare della tignosella ad grilletto che fa esplodere le pallottole, così immaginando un mitragliatore di pistacchio, inventò la prima macchina per sgusciare il pistacchio, caricando le pallottole di tignosella in una ruota dentata, percorse da un pistone a determinata pressione, dovendo però ripetere il processo per le pallottole inesplose, dando più pressione al pistone.

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